Il settore alimentare in Italia è decisamente molto più di un semplice itinerario commerciale e gastronomico, contando all’attivo ben il 25% del PIL totale, quota che rende automaticamente il mangiare un business essenziale per il Paese e, in un mercato sempre più digitale e competitivo, una realtà analogica insostituibile.
Cibo e social: un destino intrecciato
Probabilmente dall’apertura di Instagram ad oggi o, più certamente, dal primo grande successo dei blog gastronomici, è diventato palese come cibo e social vadano insieme un po’ come sale e pepe: va bene se c’è solo uno, ma è meglio se ci sono tutti e due.
Così, il web si è popolato di influencer, food blogger, recensori di vari tipi, eppure moltissime aziende del settore enogastronomico pugliese continuano a sottovalutare l’importanza di una strategia di social media management pianificata, realizzata da esperti.
Fino a non molti anni fa, complice la mancanza di dispositivi portatili su cui poter sfogare le proprie attenzioni, scorrendo con il dito una home di un social network, era molto difficile che un buon menù online, con foto scattate ad hoc e post indirizzati a determinati target, portasse clientela e attenzioni positive, venendo spesso rilegata a un vezzo dei locali più moderni.
Nel 2020 tutto è radicalmente cambiato, il social è una porta d’ingresso per condurre nuovi clienti ai tavoli, far sfogliare loro i menù dai cellulari o dai tablet, prenotare, creare a loro volta eco; non basta più la foto scattata bene e qualche hashtag di tendenza. Il futuro prevede l’investimento reale sull’identità social virtuale, il branding.
I social giusti per i brand giusti
Con il passare degli anni, i social media hanno visto la propria base di utenza cambiare, i propri algoritmi divenire studio scientifico, analitico, le strategie per piegare i risultati delle campagne promozionali al proprio volere cominciare ad assomigliare a dei piani tattici di guerriglia psicologica, piuttosto che semplice marketing digitale.
Quest’anno la tendenza si sposta su TikTok, ormai nuovo re della generazione Z, ma anche sui contenuti live, e il social listening, ovvero quella procedura dove il pubblico viene coinvolto in un dialogo “a tu per tu” con l’azienda in questione, sia con menzioni su Twitter dove si cercano risposte, chat in tempo reale o commenti.
Instagram continuerà ad essere il paradiso di influencer e microinfluencer, ma la quantità di like come stima per il successo variabile delle proprie strategie, dovrà lasciare il posto ad altro, come conseguenza delle misure che adotteranno diversi social media (come Instagram, appunto) di rimuovere i like e rendere gli ambienti virtuali meno tossici e superficiali, meno attention seeking e più incentrati sul divulgare contenuti e sponsorizzarli.
Gli errori imperdonabili
Nicoletta Polliotto, redattrice di libri per Hoepli, docente di Food e restaurant marketing, ha ben chiaro il messaggio da mandare ai ristoratori, così ossessionati dalla qualità, l’originalità, la tradizionalità, la salute e tanti altri concetti, ma mai abbastanza preparati sulle questioni di digital marketing.
“Basta affidare l’attività social al figlio smanettone, che pensa di sapere come funziona il meccanismo chattando passivamente su qualche servizio di messaggistica”. Tanta verità, condensata in poche righe: l’influenza social, la strategia mediatica virtuale, viene troppo spesso sottovalutata, non considerata o persino ridicolizzata e ridotta a un semplice plus opzionale.
Il futuro dell’enogastronomia pugliese, invece, deve basarsi sul mescolare l’immagine del proprio locale con quella del territorio: valorizzarne i tratti naturali, le virtù gastronomiche, le tradizioni, i vini e i prodotti più caratteristici, la cui presenza nell’etica dei gestori non può che ispirare una necessità di genuinità, qualità e rendere affidabile il brand agli occhi dei consumatori. Il tutto solo ed esclusivamente grazie alla gestione professionale di pagine Facebook a cura di esperti.
In conclusione, smettere di arrangiare casualmente i post, i contenuti e le interazioni online non è una sfida solo del settore alimentare pugliese, ma è ormai l’incontro sul ring di molti imprenditori anche scafati con i nuovi mezzi e modalità di comunicazione.
Se un tempo bastava servire una pitta di qualità o delle orecchiette artigianali con cime di rapa di produzione locale, oggi è necessario che ogni fase del processo di creazione del piatto venga mostrato ai potenziali clienti, valorizzando non solo l’identità e il pensiero di chi c’è in cucina, ma soprattutto giocando sul fattore curiosità, costruendo l’affidabilità su una base condivisa di passione per il territorio ed esperienza nel settore.