San Paolo di Civitate è un paese della Provincia di Foggia ed il suo primo insediamento risale al I millennio a.C. ed è da ascrivere alle popolazioni daune che fondarono nel medesimo periodo l’insediamento di Tiati (o Teate).
Questo venne conquistato dai Romani nel 318 a.C. e come sempre accadeva per l’epoca e per le consiste l’insediamento cambiò nome trasformandosi da Tiati a Teanum Apulum divenendo municipium struttura dotata di autonomia amministrativa. Nel 207 a.C., da Teanum si mosse la controffensiva romana guidata – attraverso l’impiego di due legioni – per mano del console Gaio Claudio Nerone contro l’esercito cartaginese di Asdrubale Barca, che venne sconfitto e ucciso nella battaglia del Metauro. Il nome Civitate fu assunto in epoca imperiale che successivamente alla caduta dell’Impero romano d’Occidente vide l’avvicendarsi delle varie dominazioni bizantine, longobarde e normanne e nell’XI secolo divenne una sede vescovile.
Questa è la storia del luogo in estrema sintesi ma questo paese al pari di altri della provincia foggiana è fatto di luoghi storici e noi amandoli non possiamo che recensirli e presentarli ai lettori.
Oggi vi presentiamo la chiesa forse più famosa di San Paolo di Civitate dedicata a sant’Antonio da Padova e dal cui santo prende il nome.
Questa costruzione religiosa ha origini molto antiche e comprendere anche la storia del come sorgevano in passato questi luoghi di culto aiuta a comprendere anche il presente. Volendo ripercorrere le ricerche portate avanti da moltissimi autori, storici e amanti dell’arte e dell’architettura sia civile che religiosa e focalizzandosi su un grande esperto che fu il dott. Francesco Grasso.
Citiamo lui perché fu certamente la persona che maggiormente si occupò in passato di San Paolo di Civitate e i suoi contributi documentati furono importanti per l’intera cittadinanza.
Sappiamo che ancora prima della costruzione del convento congiunto alla chiesa nel paese viveva la comunità di Padri Zoccolanti facente parte della famiglia dei frati Minori Osservati appartenente all’ordine di S. Francesco e che questa comunità di frati con estrema probabilità proveniva dall’antica Civitate a partire dai primi anni del 1200. Altri autori sottolineano il fatto che tra il XIV e il XV secolo la cittadina di Civitate mostrò grandi segnali di decadimento causate si dalle strutture ma anche – e soprattutto – a causa delle invasioni barbariche che attraverso scorribande e quant’altro distrussero devastando tutto quello che veniva definito il contado. Nei periodi indicati e nei quali si verificarono tali atti il feudo di San Paolo apparteneva alla giurisdizione della famiglia Carafa che lo dovette cedere ai Gonzaga. Questa compravendita se così possiamo definirla avvenne per mezzo di un asta.
Avvenuto ciò i padri Zoccolanti si presume che andarono ad abitare la Chiesa di Santa Maria di Loreto quella che oggi è Sant’Antonio e ciò avvenne presumibilmente nel 1600. Una prova concreta deriva da uno studio formulato e redatto da M. Fraccacreta nel quale viene evidenziato il fatto che nel 1640 il convento di S. Antonio era una struttura presente nel luogo. Sul piano storico quindi va constatato quindi che al posto dell’attuale chiesa vi era una struttura religiosa precedentemente dedicata alla Vergine di Loreto.
Un altro evento turbò nell’anno 1627 ed esattamente il 30 luglio quando una fortissima scossa di terremoto distrusse quasi l’interi territori di San Paolo di Civitate, San Severo, Torremaggiore, Serracapriola ed Apricena.
Queste le parole in latino scritte da Giovanni Domenico Tassoni: “In die veneris hora 16,30 julii 1627 supervenit terraemotus magnus cum universali orrore, et tremore…”
Quella scossa produsse moltissime vittime ma fortunatamente anche molte persone ne scamparono sopravvivendo grazie al fatto che lavoravano nei campi quando la terra si mosse. Altri scritti dimostrano che il terremoto fu di 11° sulla scala Mercalli e quindi molto intenso. Questo terremoto produsse anche cambiamenti geologici profondi nel terreno tanto che, diversi pozzi finirono in secca e altri che in precedenza erano asciutti si riempirono di acqua la cittadinanza dovette ricostruire calcolando la mutazione subita dopo questo catastrofico evento. E questo non bastò perché successivamente all’evento tellurico ci fu anche un’onda di porto lungo le coste di Molise e Puglia che distrusse tutto il litorale. La città più colpita di allora fu – secondo resoconti e stime – quella di Apricena. I territori e i loro cambiamenti hanno notevolmente infierito non solo sulle persone ma anche come abbiamo detto sulle strutture sia geologiche sia ad opera umana e anche in questo caso si è potuto riscontrare che l’epicentro del terremoto si poteva riscontrare lungo la faglia che segna la linea di costa per una stima di circa 4500 morti.
Nel caso delle strutture religiose anche quella che allora si chiamava chiesa di S. Maria di Loreto fu distrutta dalla scossa. La nuova chiesa ristrutturata fu inaugurata nel 1640 e in questa occasione da allora fu dedicata a S.Antonio da Padova. Questa nuova struttura fu voluta dal principe Andrea Gonzaga il proprietario del feudo come abbiamo visto in precedenza. L’attuale campanile fu eretto nel 1783 mentre nell’anno successivo fu effettuato un primo restauro della chiesa che evidenziò una pianta ellittica. In seguito, stavolta nel 1795, la volta della chiesa fu decorata con tre affreschi ovali che raffigurano rispettivamente S. Francesco, S. Antonio e la Vergine Immacolata. In seguito con l’avvenuta unificazione d’Italia il governo decretò che i conventi venissero ceduti ai comuni collocarvi le scuole ed altri uffici comunali, la struttura religiosa di S.Paolo ospitava come sappiamo i frati e questi ultimi dovettero andare via. Nell’anno 1867 la chiesa in questione fu affidata ai preti diocesani che la adibirono a rettoria lo stile che la contraddistinse fu quello tardo barocco.
La sua facciata è realizzata in tufo e comprende delle cornici, dei capitelli e delle guglie in pietra.
Andando a guardare l’interno della chiesa notiamo che questa è a navata centrale unica ed ha una forma ellittica con un grande presbiterio che è diviso dalla navata da una balaustra realizzata in marmo. Nel corso della sua storia la chiesa fu ritoccata più volte attraverso vari interventi strutturali uno dei quali fu la posa di tre catene in ferro nel prospetto perché l’edificio presentava delle crepe lungo il lato sottile della facciata.